La diretta trasmissione di microorganismi dalla madre al neonato tramite parti del corpo o mediate il latte materno contribuisce allo sviluppo del microbiota intestinale infantile.1
In particolare, questo processo avviene al momento del parto o in fasi immediatamente successive ad esso, ad esempio in risposta ad esposizione a feci, pelle o al tessuto vaginale della madre.1
Mentre i neonati che vengono alla luce tramite parto naturale sono direttamente esposti al microbiota vaginale e fecale della madre, quelli nati mediate taglio cesareo sono colonizzati con più facilità da microrganismi ambientali, derivanti dalla pelle della madre, dal personale sanitario o, in generale, dall’ambiente ospedaliero.2 Studi scientifici suggeriscono che i neonati venuti alla luce per mezzo di taglio cesareo sviluppano un microbiota intestinale aberrante rispetto alla norma.2 In particolare, questi neonati presentano una varietà microbica ridotta: sono colonizzati con maggior frequenza da batteri patogeni, quali Clostridium difficile, e sono meno frequentemente colonizzati da batteri benefici, come quelli del genere Bifidobacterium.2,3 Inoltre, bambini nati con taglio cesareo mostrano un maggior rischio di sviluppare patologie immunitarie, quali asma, allergie e diabete di tipo 1, oltre a presentare una maggior incidenza di obesità.2
Un recente studio del 2019 ha analizzato campioni di microbiota ottenuti da 596 bambini nati a termine in ospedali del Regno Unito.4 L’analisi ha confermato che il tipo di parto influenza la composizione del microbioma intestinale durante le prime settimane di vita e, in misura minore, anche durante l’infanzia. In particolare, il parto cesareo costituirebbe una preoccupante barriera alla trasmissione madre-figlio di batteri commensali, quali quelli del genere Bacteroides, predisponendo i neonati ad una colonizzazione da parte di batteri patogeni presenti nell’ambiente ospedaliero.4
Questa ricerca sottolinea la necessità di indagare con più cura i fattori associati al parto, soprattutto in ambito ospedaliero, e di valutare se alterazioni del microbiota neonatale abbiano effetti a lungo termine sulla salute dell’individuo.
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Referenze